Presentazione del progetto
L'Unità di ricerca dell'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, coordinata dalla prof.ssa Giulia Maria Labriola, si propone un'indagine del tema della crisi e della rinascita 'policentrica' e 'policratica' della città come spazio politico.
Al fine di porre le basi di uno studio su un tema così ampio occorre un approccio necessariamente multidisciplinare, dove la scienza politica sia capace di incontrare la teoria dell'architettura, dove la pedagogia politica sia in grado di dialogare con la filosofia del diritto. Dall'incontro tra questi diversi sguardi su un'unica realtà - la città post-metropolitana - dovrà emergere la nuova città di cui si cominciano a intravedere le tracce nell'Europa contemporanea. Allo slancio analitico sul presente, munito degli opportuni strumenti metodologici offerti dalle scienze sociali, dalla sociologia più attenta ai gravami della 'società del rischio', dall'antropologia che indaga i nuovi codici del mondo globalizzato e interconnesso, dai nuovi linguaggi sperimentati attraverso l'apertura infinita degli spazi fisici e immateriali, si uniranno il rigore della scienza giuridica e la profondità analitica della filosofia politica più attenta alle sfide del presente, le scienze pedagogiche che all'acume storico-teorico sanno associare metodi empirici di ricerca e sperimentazione di codici rivolti a una nuova cittadinanza nell'era della "contemporaneità del non-contemporaneo", dove l'identità diventa progetto di cittadinanza negli spazi plurali del pubblico, a partire dalla tensione locale-globale, materiale-immateriale che sostanzia l'antropologia delle nuove generazioni.
La società che emerge nella città multi-strato si configura come esperimento di ambivalenza, come continua ridiscussione dei confini, spazio di inclusione ed esperimento di nuovi diritti sentiti come beni comuni e processo di individuazione della qualità 'politica' dei soggetti che agiscono empiricamente sui tanti confini e sulle figure di confine, coniugando apertura e sicurezza.
Per agevolare l'incontro tra le diverse discipline, l'unità di ricerca si strutturerà secondo due moduli che procederanno autonomamente, verificando il proprio lavoro secondo uno scadenzario fissato ex ante, sì da mettere a frutto i risultati raggiunti già nel corso del cammino scientifico, per giungere a un'esauriente sintesi al termine dell'opera di scavo nella storia e nella teoria della città.
Il movimento della ricerca seguirà quindi due direttrici:
1) una direttrice storico-ricostruttiva che dedicherà particolare attenzione
alle nuances teoriche sottese alle varianti del pensiero della città, e alla
posta in gioco, esplicita e implicita, delle diverse rappresentazioni della
città che si sono date sia nell'elaborazione analitico-descrittiva, sia nelle
più disparate espressioni artistiche;
2) una direttrice pedagogica che al rigore analitico e al radicamento storico
nei diversi filoni teorici sappia coniugare una tensione alla verifica
pragmatica-sperimentale delle proprie tesi.
Se la città come spazio politico è un tema che attraversa la storia del pensiero (e certo non solo occidentale - dato che il fenomeno città è difficilmente ascrivibile alla sola sfera occidentale), il punto di vista adottato da questa unità di ricerca per l'analisi, tuttavia, è circoscritto - senza ignorare la tara eurocentrica che tanti studi hanno sottolineato - alla modernità occidentale, patria della polis come organismo di convivenza politica, e alla sua crisi nella contemporaneità.
I compiti
1. La prospettiva giuridico-politica: la riflessione che anima la prima parte di
questa indagine (diretta dal coordinatore scientifico della ricerca - Giulia M.
Labriola) prende in carico la direzione storico-ricostruttiva cui si è
accennato, muovendosi sui luoghi e i tempi in cui si è dato un pensiero e
un'ideologia della città.
a) Il profilo ricostruttivo: sul piano metodologico gli studiosi impegnati in
questa sezione della ricerca muovono dalla premessa-constatazione che il
paradigma moderno della città come spazio politico istituisce l'esigenza di una
progettazione di questo spazio rimessa alla volontà politica sovrana (che per
secoli è coincisa sostanzialmente con la figura dello Stato). Alcune linee della
ricostruzione storiografica di questo paradigma possono esser tracciate sin dal
XVIII secolo - l'età della teorizzazione illuminista dello spazio urbano come
luogo di una razionalità dispiegata nella ricerca dell'utile (comune e
individuale) passando per le capitali dell'Ottocento - città-rappresentazioni
del potere e della lotta, fino alla città delle ideologie 'realizzate' del
Novecento. Enucleando le diverse sedimentazioni storiche in cui si è data voce
moderna al lemma 'città' come luogo della politica, l'unità di ricerca giungerà
così a delineare il profilo prima del culmine dell'autorappresentazione della
città come epicentro dell'evento politico poi della sua crisi novecentesca,
coincisa con la lenta decadenza della sovranità statuale.
La prospettiva dell'analisi tenderà a mettere in luce quindi i modi e le forme
attraverso cui il Novecento ha visto perdere il suo connotato centripeto: la
città del secondo Novecento smarrisce lentamente i suoi connotati ottocenteschi
ruotanti attorno al binomio centro-periferia (politica-alienazione sociale) per
ritrovarsi mutata e aperta in un nuovo panorama policentrico come le sue
problematiche e i suoi diritti in trasformazione, riflessi e talvolta distorti
nel mondo globalizzato.
b) Il profilo analitico: A quest'altezza dell'indagine sarà dedicata particolare
attenzione alle modalità attraverso cui le scienze umane del primo Novecento
hanno tematizzato la crisi della coppia concettuale Stato-città, ma oltre alla
ricostruzione del movimento della storia delle idee sarà messo a tema anche
l'elemento rappresentativo che ha preceduto, affiancato e seguito la
tipizzazione concettuale, nella letteratura cui si è affidata la narrazione del
disagio sociale, ma anche e soprattutto nell'urbanistica che a partire dal
secondo novecento ha assunto consapevolmente il vocabolario della crisi del
paradigma centralistico dello Stato per elaborare un'architettura dello spazio
che sottende una nuova antropologia.
L'obiettivo perseguito da questa sezione del progetto consiste quindi anche
nell'organizzazione del materiale che ha portato alla teorizzazione
dell'urbanistica non più come 'scienza della città politica', ma come luogo di
espressione di solipsismi progettuali (il fenomeno delle archistar), nel
tentativo di fornire delle chiavi esplicative di un movimento di lunga durata
che merita una prestazione analitica attenta alla complessità.
Sotto un diverso profilo, inestricabilmente connesso alla ricostruzione
genealogica della consapevole crisi teorica e pratica in cui versa la
contemporaneità, l'unità di ricerca mira a definire una prima mappa dei soggetti
cui compete ripensare questa perduta capacità progettuale (che è politica, e
proprio per questo esige competenze plurali e molteplici).
Sotto determinate prospettive la grande occasione che questa crisi offre è
rappresentata dalla possibilità di pensare la città come spazio politico nel
segno di una 'frontiera ecopolitana': ripensare la politica all'interno della
città significa cercare di ripensare la città come insieme di 'case' e
micro-sistemi ecologicamente integrati.
Pensare la città come complesso - non aggregato, né agglomerato - che può
arricchire il significato dello spazio politico di nuovi contenuti, che sono i
nuovi paradigmi e i nuovi interessi di cui deve farsi espressione e
organizzazione una nozione di politica più aderente alla nostra realtà
contemporanea. Una nuova cittadinanza, una nuova architettura degli spazi
pubblici, una nuova mappa dei saperi e dei diritti, che coinvolge la ricerca nel
ripensamento di categorie tradizionali ormai in crisi e che impone un'analisi
fattuale delle realtà sociali in mutamento, nel laboratorio-città.
La sotto-Unità di ricerca pedagogica, coordinata dal prof. Fabrizio Manuel Sirignano si orienterà su un modulo 'pedagogico' nella sua accezione più ampia e costruttiva di relazioni con le altre discipline.
Da un punto di vista pedagogico, si tratta di ricostruire, formulare e sperimentare modelli educativi alla cittadinanza attiva ed interculturale incentrati sull'elaborazione di immagini di città che siano coerenti con la promozione di una cittadinanza etica tesa alla valorizzazione delle diversità unite nella partecipazione responsabile, nella comune costruzione di un orizzonte di senso valoriale capace sia di superare le conflittualità e le chiusure che attualmente attraversano gli spazi urbani della società complessa e globale, sia di ri-definirne in termini identitari aperti e dialogici i non-luoghi sempre più imperanti ed egemonici nell'età del rischio, dell'incertezza e del disincanto.
La ricerca pedagogica si articolerà a sua volta in tre linee direttrici
distinte ma tra loro fortemente intrecciate.
a) La direttrice teorica: la prima direttrice intende indagare le implicazioni
ed i presupposti epistemologici relativi allo sfarinamento degli spazi pubblici
della città, mettendo a confronto le logiche del costruttivismo radicale con
quelle del realismo gnoseologico e del fallibilismo epistemico, per coglierne le
implicazioni educative sottese alla formazione di soggettività critiche, aperte
e solidali vs soggettività competitive e/o dogmatiche ed intolleranti.
b) La direttrice storico-critica: la seconda direttrice si pone l'obiettivo di
indagare figure, momenti e snodi concettuali fondamentali del rapporto
città-educazione-politica, anche al di là della tradizione occidentale tipica di
un'impostazione eurocentrica, per giungere all'elaborazione di un paradigma di
pedagogia della politica attraverso una precisa ricostruzione storiografica ed
un'attenta valutazione teorica dei principali modelli educativi alla
cittadinanza elaborati nel corso della storia riservando una maggiore attenzione
al nesso tra città, educazione e democrazia nel dibattito contemporaneo.
c) La direttrice progettuale-sperimentale. Infine, la terza direttrice, di
carattere progettuale e sperimentale, intende ri-proporre e ri-elaborare i
modelli indagati sul piano storiografico, de-costruiti e ri-costruiti sul piano
epistemico ed elaborati su quello teorico, per proporli come paradigmi formativi
nelle scuole nell'ottica di un sistema formativo integrato e di educazione
permanente, capace di intrecciare e declinare la scuola del dialogo con la
costruzione e la valorizzazione di spazi urbani etici, equi e solidali.
In particolare, l'ipotesi di ricerca nasce da un'indagine avviata su un'esperienza di pedagogia sociale particolarmente significativa, la Mensa dei bambini proletari, fondata nel 1973 a Napoli, nel quartiere popolare di Montesanto.
Tracciate le linee essenziali del contesto storico di riferimento sia a livello nazionale sia a livello locale e criticata l'immagine stereotipata di una città immobile ed esclusivamente diseducante, un primo scavo critico-documentaristico ha consentito d'individuare i principali fondatori dell'iniziativa che, appoggiati da intellettuali e politici anche di spessore nazionale, danno vita ad un'iniziativa di pedagogia sociale e popolare, che mira a rendere i bambini e le loro famiglie progressivamente consapevoli delle loro condizioni di sfruttamento, marginalità e sofferenza per farne dei soggetti critici ed attivi nei processi di cambiamento del contesto in cui vivono.
La ricerca ha evidenziato come gli sviluppi della Mensa abbiano contribuito a scandire il passaggio dalla fase delle utopie educative a quella della progressiva costruzione del sistema formativo integrato (Frabboni, Orefice, Sarracino).
L'indagine fa emergere che la Mensa, nata durante la fase della contestazione e della diffusione delle ideologie radicali, pur tra continue difficoltà di carattere economico ed organizzativo, protrae le sue attività sino al 1980-81, quando sulla base della sua esperienza nascono e sono presenti ed attive sul territorio altre associazioni di animazione che ne proseguono l'attività con finalità, forme e modalità diverse, oramai consone al nuovo contesto storico.
Terminata la prima fase di scandaglio critico e documentaristico - concretizzatasi nella pubblicazione del saggio di F.M. Sirignano: Una storia tutta da scrivere: bambini, educazione e democrazia nella Napoli degli anni Settanta ed Ottanta, in M. Corsi, S. Ulivieri (a cura di), Progetto Generazioni. Bambini e Anziani: due stagioni della vita a confronto, (Edizioni ETS, Pisa 2012), le ricerche stanno proseguendo con un ulteriore scavo delle fonti storico-critiche, documentaristiche ed iconografiche d'archivio ed emeroteca, sia per inquadrare l'esperienza della Mensa nel più ampio contesto del dibattito pedagogico-sociale degli anni Sessanta/Ottanta, sia per trarne riferimenti teorici ancora oggi validi, in vista dell'elaborazione di un modello di educazione alla cittadinanza critica e consapevole, che possa contribuire alla tras-formazione delle arene metropolitane in agorà di discussione e partecipazione attiva, mediante la progressiva emancipazione dei vari soggetti emarginati e marginali.
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