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Università degli Studî Suor Orsola Benincasa

Fondazione Pagliara
Gallerie d'Italia - Palazzo Zevallos Stigliano Napoli

 

 

 

Napoli nobilissima

Presentazione della nuova serie della rivista edita da arte'm

 

 

Napoli, martedì 28 marzo 2017
Gallerie d'Italia - Palazzo Zevallos Stigliano

 

 

 

«Napoli nobilissima» è una delle riviste italiane di più antica e lunga tradizione, e di certo la più antica fra quelle ancora in vita che abbiano fra i loro fini primari quello di occuparsi del patrimonio culturale di Napoli e del Mezzogiorno.

 

Vive, con alterne vicende e con interruzioni anche lunghe, dal 1892; da quando Riccardo Carafa d'Andria, Giuseppe Ceci, Luigi Conforti, Benedetto Croce, Salvatore di Giacomo, Michelangelo Schipa e Vittorio Spinazzola vollero fondarla col sottotitolo di «Rivista di topografia ed arte napoletana» e costituendo fra loro una società il cui statuto prevedeva di «illustrare la topografia e i monumenti di Napoli e contorni, promuovere la conoscenza, e vegliare [...] alla conservazione dei monumenti» stessi.

 

Vive senza interruzioni, è utile aggiungere, dal 1961; da quando Roberto Pane volle riprenderne la pubblicazione con una terza serie - la prima aveva avuto termine nel 1906, e la seconda, diretta da Giuseppe Ceci ed Aldo De Rinaldis aveva avuto vita breve, fra il 1920 e il 1922 - col nuovo e più moderno sottotitolo di «Rivista di arti figurative, archeologia e urbanistica» e con un maggior richiamo alla «specializzazione», alla natura specialistica della rivista stessa, ma all'insegna di «una rigorosa fedeltà» al suo programma originario e dunque alle necessità, immutate nel tempo, di conoscenza e di tutela del territorio.

 

La terza, la quarta (1987-1999), la quinta (2000-2009) e la sesta serie (2010-2014), tutte edite presso «L'Arte Tipografica» di Angelo Rossi senior e poi dei figli Ruggiero ed Angelo junior, non hanno avuto fra loro vere soluzioni di continuità, ma semmai qualche aggiustamento nel taglio e nei metodi di lavoro. Se il direttore della quarta serie, Raffaele Mormone, chiariva infatti e confermava il programma di Pane - «ricerca filologica di prima mano, comunicazione, didattica e impegno civile» - la direzione e la redazione della quinta, l'una composta da Ferdinando Bologna, Mario Del Treppo, Giorgio Fulco, Giuseppe Galasso, Marcello Gigante, Giulio Pane e Pasquale Villani e l'altra coordinata da Stefano Palmieri, richiamavano nel 2000 a una maggiore ampiezza del concetto di «patrimonio culturale» - «dal manufatto d'arte al libro, dallo strumento musicale all'ex voto, dal manoscritto di biblioteca alle carte d'archivio, dal monumento all'ambiente» -, rivedevano all'insegna del nuovo sottotitolo di «Rivista di arti, filologia e storia» la propria composizione in base a competenze più ampie - archeologi, storici dell'arte e dell'architettura, ma anche filologi e storici tout court - e ambivano in fine a ricercare «un nuovo equilibrio tra conservazione, tutela, promozione e fruizione e tra informazione ed educazione del pubblico» offrendo il proprio «contributo di idee e progetti, nella persuasione che la ricomposizione dell'unità delle conoscenze umanistiche giovi [...a questo scopo più della] specializzazione monotematica, alla quale si devono spesso attribuire i guasti della separatezza e incomunicabilità delle esperienze culturali e della conseguente mancanza di colloquio che caratterizza i nostri tempi».

 

La settima serie, questa, si apre con un nuovo editore, una nuova proprietà della testata, un nuovo direttore responsabile, una nuova direzione e una rinnovata composizione del comitato scientifico, della redazione e della segreteria redazionale. Non però con intenti diversi rispetto a quelli della storia della rivista e in particolare a quelli delle sue ultime serie.

 

D'altronde già nel corso delle prime annate di «Napoli nobilissima» lo stesso Croce, che pure nel suo Commiato ai lettori del 1906 avrebbe poi scritto di intravederne un'eventuale ripresa futura quale rivista di mera storia dell'arte, aveva introdotto una serie di interventi e di rubriche in massima parte da lui direttamente curati - da Napoli nelle descrizioni dei poeti a Note per la storia del costume, e da Curiosità napoletane a Memorie degli spagnuoli nella città di Napoli - volti a spostare l'asse dalla sola ricerca sulla città, i monumenti e le opere d'arte allo studio delle fonti letterarie ed epigrafiche, allo studio del "costume" e in particolare della storia.

 

E già qualche anno prima della fondazione di «Napoli nobilissima», nel 1876, Francesco De Sanctis, fondando quel «Circolo filologico» di cui proprio Croce sarebbe stato fra il 1894 e il 1896 il principale organizzatore, sottolineava i danni anche per la stessa nostra città di questa separazione ed incomunicabilità disciplinare: «In Napoli siamo divisi, non ci conosciamo, ciascun ramo di cultura è organizzato come un campo chiuso. È necessario, per un popolo così vivo, avere un luogo di convegno, avere una casa dove convengano gli uomini studiosi [...] Così avremo il mezzo di ottenere quella unione di forze, che è mancata sempre a Napoli, dove abbiamo grandi individualità, ma divise e disperse dal vento».

 

Sono parole del passato, è vero. Ma la contemporaneità non ha risarcito questa separatezza; piuttosto l'ha alimentata e proiettata in una dimensione che non è solo accademica, ma più complessivamente politica e civile.

 

«Napoli nobilissima» proverà dunque ad essere oggi una «casa» accogliente e insieme rigorosa per gli studiosi di cose meridionali, per i maggiori esperti delle varie discipline ma anche e soprattutto per i migliori giovani formatisi nelle nostre università. Un luogo di dibattito. Una «casa» dove lo studio - comunque centrale - del patrimonio e di tutte le espressioni d'arte - antica e moderna, e in una prospettiva che da Napoli e dall'Italia meridionale guardi all'Europa - possa e voglia confrontarsi con quello della storia, della storia della città e della storia della cultura.

 

 

 

Martedì 28 marzo 2017
ore 17,00

Intervengono

Piero Craveri
Lucio d'Alessandro
Giuseppe Galasso
Emma Giammattei
Ortensio Zecchino

con l'editore

Guido Savarese

e il direttore della rivista

Pierluigi Leone de Castris

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