Festival Mann
L'esodo sul Mediterraneo
nel romanzo di Oliva
Non basta sopravvivere al deserto. Non basta affidare i risparmi di una vita e la vita stessa nelle mani di un passeur. Non basta nemmeno attraversare le acque violente e letali del Mediterrano a bordo di un'imbarcazione malridotta. Jusuf, Leila e altri sei migranti si rendono conto di avere ancora tanta strada da fare a Lampedusa, dove vengono identificati dopo esser stati salvati dalla Guardia Costiera. Una volta a terra si accorgono che gli ostacoli tra loro e la libertà sono ancora tanti, che il loro viaggio è ancora lungo. A raccontare questa storia attualissima è Fabio Rocco Oliva, autore per il teatro, giornalista e scrittore napoletano, che presenta il suo romanzo La Canzone dei Migranti (Go-Ware edizioni) al Festival Mann/Muse al Museo. Un'opera che è la narrazione di un esodo, raccontato né prima né dopo, ma durante, nel suo divenire. «L'idea mi venne nel 2007 - dice l'autore - quando all'ospedale Cardarelli, dove era ricoverata mia madre, conobbi un uomo. Era palestinese ed era lì per suo figlio. Ci conoscemmo e cominciammo a parlare, ognuno nella sua lingua. Riuscivamo a comunicare, perché il dolore ci scopre simili. Così decisi di scrivere una storia che raccontasse loro e noi, i migranti e noi».
I protagonisti del libro si muovono insieme. È la loro forza più grande per continuare ad affrontare il viaggio e rincorrere la libertà. Arrivano così in Calabria, dove vengono impiegati nei campi di arance. Il romanzo fa riferimento ai fatti di Rosarno del gennaio 2010, quando scoppiarono violenti scontri tra cittadini, forze dell'ordine e migranti dopo la rivolta di alcuni braccianti extracomunitari. «Nel romanzo c'è un personaggio reale - spiega Oliva - che a Rosarno chiamano Mamma Africa. È una signora piccola, mingherlina. Si prende cura dei migranti, cucina per loro e li aiuta. Durante gli scontri venne accusata di complicità con gli extracomunitari e offesa pesantemente. Per me rappresenta invece una bellezza che aiuta e salva in mezzo all'indifferenza. Tanto più nell'entroterra italiano, molto spesso provato dall'ignoranza e dall'intolleranza. Ecco, per me Mamma Africa è proprio la realtà che si rivela più poetica dell'immaginazione».
Per scrivere la sua storia Oliva dice di aver fermato i migranti per strada; di aver parlato con quelli accolti da alcune associazioni a Napoli; di aver letto libri di diritto internazionale e ascoltato tante altre storie. «Ho voluto raccontare i migranti oltre i numeri - commenta lo scrittore - per raggiungere le ragioni delle loro partenze e andare oltre i luoghi comuni». Ne La Canzone dei Migranti, quando ci sono differenze, sono sinonimo di ricchezza. Ma nella maggior parte delle pagine non esiste un "Noi" e un "Loro". Per Oliva i migranti sono infatti protagonisti attraverso i quali vedere anche l'epoca attuale. Quella delle marce a piedi scalzi, dei muri innalzati e delle tragedie inascoltate. E di vite sospese nell'incertezza, provate da una doppia nostalgia. «I migranti non sono più quello che erano, abitanti della loro terra - spiega Oliva - e non sono ancora inseriti nei Paesi dove arrivano da rifugiati, clandestini, extracomunitari. Ma anche noi viviamo una sospensione simile. La nostra vita non è completa». Venute a mancare le certezze familiari, sociali e politiche che caratterizzavano i decenni scorsi, questi anni sono per l'autore una terra di mezzo: «A questo proposito pongo una domanda: Dobbiamo prendere i fucili e spararci a vicenda o dobbiamo recuperare la nostra essenza di esseri umani?». Oliva prende in prestito la sua risposta da 1984, dove George Orwell scriveva: "Sopravvivere è semplice, restare umani è difficile". Stay human, come diceva anche Vittorio Arrigoni. Ma questa è la risposta di Fabio Rocco Oliva. Per molti invece soffia ancora nel vento. Mentre la canzone dei migranti continua a suonare insieme a tutti i passi che battono le vie del Mediterraneo.
Antonio Lamorte
[25.4.2017 - 21:03]
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