L'uomo in più
Sassuolo e l'asso Defrel
Da falso timido a star
Da qualche ora, in quel di Udine, Gregoire Defrel rappresenta l'esatta metafora del guastafeste. Nella domenica segnata dal grande ritorno di Zico, re bianco-nero di tempi che furono, il francese ha trascinato il suo Sassuolo in rimonta, rifilando un doppio schiaffo ai ragazzi di Gigi Del Neri.
La sfida, con tutto il suo fascino formato amarcord, aveva richiamato quasi ventimila spettatori, sugli spalti arcobaleno della Dacia Arena. Tanti, anzi tutti erano accorsi per rendere omaggio al Galinho, che 34 anni fa aveva fatto sognare il popolo bianconero. Orizzonti che i friulani vedono sempre più lontani, anche per "colpa" di questo autentico asso nella manica, calato in tempo da mister Di Francesco. Siamo al 21' della ripresa: i nero-verdi sono sotto da quasi 60 minuti, quando il tecnico si ricorda di avere in panchina una ruota di scorta, un ragazzo nato 26 anni fa a Meudon, nel cuore delle più sperdute banlieues parigine.
Tocca a Duncan cedere la scena al vispo Gregoire, che in meno di 4' stravolge la partita, e non solo con i gol. Il ragazzo sceglie bene la zona di campo nella quale muoversi più spesso, e questo dà una decisiva profondità all'attacco. Così prima raccoglie un cross da destra di Berardi, fulminando al volo Karnezis. Non ci vuole poi molto per il secondo lampo di genio: nove minuti e rieccolo in agguato, due metri fuori dall'area. In un amen si sbarazza con classe dell'inerme Danilo, poi inventa da sinistra, quasi volesse riproporre le prodezze del grande spettatore d'occasione. Risultato: 2-1 sul display del vecchio Friuli, con il Sassuolo padrone del campo e l'Udinese al gancio.
Per chi segue il match dal vivo, o dai mille devices della nostra epoca, sembra il classico calzino rivoltato all'improvviso. Ma scavando nella storia, nelle radici, nelle viscere di questo eroe della nostra domenica, non c'è tanto da stupirsi. Nato tra i campi della periferia, in quell'indifferenza che spesso porta all'emarginazione, Defrel nasce timido, ma non rassegnato. Merito di quel dono che Dio volle fargli, nell'anno di grazia 1991, e che qualcuno a Chatillon, poco lontano da casa sua, notò prima che fosse troppo tardi. Anche a costo di convincerlo che, pur iniziando a 18 anni, senza neanche una briciola di pedigree giovanile, una chance poteva esserci. Anzi, doveva.
A innescare la miccia un "compaesano", Souleymane Doukara: anche lui col vizietto del gol, anche lui destinato a qualche tappa in lidi italiani (Rovigo, Vibonese, Catania). Origini senegalesi, presenta a Gregoire il suo agente: così inizia la sua avventura, fatta di due allenamenti a settimana tra i campi dell'Hauts-de-Seine. Un ambiente familiare, dove tutti notano le sue accelerazioni, i suoi uno contro uno, con un trattamento palla che unisce istinto e delicatezza. Un cavallino che galoppa e lo fa a suon dribbling, ma a cui spesso in campo vanno messe le briglie dell'altruismo. Lo stesso succede fuori, con qualche bicchiere di troppo, specie nei weekend. Il fisico poi, minato anche da qualche crisi asmatica, non ha ancora nulla del professionista.
Ma quando sembra che la realtà torni a bussare, ecco che la sua strada incontra quella di Francesco Palmieri. Non è un osservatore qualsiasi, o il procuratore in cerca di scout facili. E' "semplicemente" il direttore del settore giovanile del Parma. Gli basta uno sguardo per capire che l'occasione è ghiotta, che i francesi stavolta si perdono un pezzo pregiato. Tre giorni di provino a Collecchio sono solo una formalità, e presto anche la morsa della nostalgia o l'italiano masticato alla meglio diventano falsi alibi, quando si sa parlare l'idioma del calcio.
Crescita atletica, scatti per trovare il compagno libero, più assist che marcature: su questo Defrel lavora come un mulo in Emilia, e questo sforzo viene ripagato il 22 maggio 2011, nel match contro il Cagliari. All'81', sostituendo Francesco Modesto, assapora i primi luccichii di Serie A. Ma bagliori restano, flash: prima la gavetta, che inizia da Foggia, in Lega Pro. Forse è la stagione sbagliata, senza quello Zeman che pochi mesi prima aveva lanciato alla grande Sau e Insigne. In compenso, attaccante esterno o trequartista atipici che fosse, sa correre quando ha palla e si sacrifica quando c'è da lavorare sporco.
Doti che il Parma sarà disposto a cedere, pur di prelevare Marco Parolo dal Cesena, ma che i romagnoli valorizzeranno per sé e per il calcio. La sua duttilità con i bianco-neri si esalta, trasformandosi da attaccante esterno a punta centrale: una qualità che al secondo anno troverà ancora più spazio. Restare al Manuzzi conviene, perché al di là del pesantissimo gol nella finale playoff contro il Latina, Defrel torna in Serie A da protagonista, con tutti i crismi del centravanti moderno. Dopo il terzo anno, quello della maturità, il Sassuolo capisce che è lui il giusto erede a Simone Zaza. Ormai Gregoire governa la sua creatività: guida a dovere le triangolazioni, si sovrappone con gli esterni per salire la squadra, collega a meraviglia i vari reparti. E come in ogni buon contratto di matrimonio, Di Francesco concede qualcosa al suo sistema rigido, dando il giusto spazio alla sua "rising star".
Dopo le sette reti dello scorso anno, chiuso con lo storico pass in Europa League, siamo già a quota 12. Ora il Sassuolo giocherà per togliersi qualche soddisfazione. Sarà un avversario scomodo anche per squadre più forti dell'Udinese di ieri. Specie con un Defrel in più.
Davide Uccella
[21.2.2017 - 09:40]
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