L'uomo in più
Perotti: sentenza Champions
Il Diego sbagliato per Napoli
Castelvolturno, luglio 2015. Un fattorino arriva sorridente al campo di allenamento del Napoli. Motivo della sua felicità è il pacco che ha tra le mani. Il destinatario è Diego Perotti, il contenuto un paio di scarpette Adidas. Il numero 10 del Genoa è ormai considerato dal fanta-calciomercato estivo un calciatore della rosa partenopea. Stando ai giornali, Perotti sarebbe diventato il nuovo fantasista della squadra di Maurizio Sarri. Nei due anni successivi sotto la guida del tecnico toscano, il Napoli avrebbe sperperato calcio-spettacolo, superato i record storici della squadra, partecipato alla Champions League e conquistato nei campionati seguenti rispettivamente il secondo e il terzo posto. Terzo, appunto. Perché, per dispiacere del fattorino, Perotti non avrebbe mai firmato quel contratto, non avrebbe mai vestito la maglia azzurra, né avrebbe tastato il prato del San Paolo da idolo casalingo. Non avrebbe nemmeno recuperato le sue Adidas, finite in quella scatola a Castelvolturno e poi ai piedi di chissà chi. Perotti sarebbe rimasto al Genoa per altri sei mesi in quel 2015 e nel mercato riparativo del gennaio 2016 avrebbe scelto la AS Roma.
Perciò l'argentino di Moreno non è allo stadio Marassi di Genova, il 28 aprile del 2017, con la maglia del Napoli a mettere la firma sul 4 a 2 degli azzurri ai danni della Sampdoria. Per lo stesso motivo è invece all'Olimpico di Roma a sudare con la maglia giallorossa per un secondo posto che sembra ormai compromesso. A nulla sono serviti i gol del capocannoniere Edin Dzeko e di Capitan Futuro De Rossi. Le reti di Pietro Pellegri e Darko Lazovic hanno inchiodato la partita sul 2 a 2. Un risultato che regalerebbe al Napoli il secondo posto e condannerebbe la Roma al terzo. Un piazzamento che costringerebbe i giallorossi ai preliminari per accedere ai gironi di Champions League.
Ma al 69esimo Luciano Spalletti richiama in panchina Stephan El Shaarawy per fare spazio a Diego Perotti. Al 90esimo una torre di Dzeko libera l'argentino in area di rigore. Non è la giocata prediletta di Perotti, uno abituato a puntare l'uomo partendo preferibilmente dalla fascia mancina e usando il destro come un uncino per provare il dribbling, il passaggio filtrante o la conclusione. Ma questa volta l'8 giallorosso emana una sentenza, da distanza ravvicinata, di collo pieno. 3 a 2. Perotti si toglie la maglia, corre sotto la Curva Sud, esulta (comprensibilmente) contro la sua ex-squadra. È il goal più importante della sua carriera e quello che decide le stagioni di due squadre. I preliminari toccano al Napoli. L'Olimpico può dedicarsi allo struggente addio di Francesco Totti.
Fin da piccolo, Perotti, è per tutti "El Monito", la scimmietta, tanto agile quanto fragile fisicamente. Si chiama Diego per Maradona, compagno di squadra di suo padre, Hugo, nel Boca Juniors. Lui stesso avrebbe indossato la maglia dei bosteros e quella del Deportivo Moron ai tempi delle giovanili. Nel 2007 arriva in Spagna, al Sevilla FC, dove vince una Coppa del Re e un'Europa League. Una serie di infortuni lo costringono al ritorno in patria, di nuovo con il Boca, prima di arrivare a Genova alla corte del Grifone. Gli basta poco per rispolverare il talento mostrato in terra spagnola e arriva così il passaggio alla Roma con la formula del diritto di riscatto. In tutto l'operazione costa 10 milioni di euro. Niente male, di questi tempi, per un fantasista. Nella stagione in cui decide di tatuarsi il tatuaggio più brutto della Serie A (sul collo, una scarpa che calcia un pallone) trova anche maggiore continuità. Chiude con 8 reti e 8 assist. E con la possibilità di fare finalmente la differenza. Che poi sia stato il Napoli a pagarne il prezzo è solo un'altra prova di quanto sia rotonda la palla.
Antonio Lamorte
[31.5.2017 - 12:28]
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