Wimbledon /2
Le grandi delusioni:
Più che Next Gen, è Lost Gen 2.0
Wimbledon 2019, primo turno: Dominic Thiem (25 anni e numero 4 del mondo) fuori per mano dell'americano Sam Querrey. Alexander Zverev (22 anni e numero 5) estromesso dal ceco Jiri Vesely. Stefanos Tsitsipas (20 anni e numero 6) subito a casa per l'upset del trentenne italiano Thomas Fabbiano. Soltanto nei primi due giorni "il torneo dei sogni" ha salutato la presunta meglio gioventù del tennis. Per mano di tre nomi non propriamente in Top Ten e non propriamente abituati alla ribalta delle cronache. Per gli esperti si parla ancora di Next Gen, ma forse è arrivato il momento di cambiargli il nome in Lost Gen 2.0.
Il tonfo di Thiem è l'unico che si può provare a giustificare. L'ormai acclamato numero 2 sulla terra battuta, seguendo le orme di Rafael Nadal, non ha un grande feeling con l'erba. Certo è che dal numero 4 del mondo è sempre lecito aspettarsi almeno il passaggio agli ottavi, qualsiasi sia lo Slam in corso. L'austriaco, tra l'altro, è l'unico Next Gen ad avere un rispettabile pedigree tra tornei nei quali si è spinto fino in fondo e vittorie con i Fab 3. Ha disputato due finali consecutive al Roland Garros (2018 e 2019) e le avrebbe sicuramente vinte, se sulla sua strada non ci fosse stato il fenomeno Nadal. Sulla terra rossa ha battuto sia Djokovic (proprio quest'anno in semifinale a Parigi) che Rafa (nei quarti di finale a Madrid nel 2018 e in semifinale a Barcellona nel 2019). Inoltre, sempre nel 2019, ha avuto l'onore di vincere il suo primo Master 1000 a Indian Wells contro sua maestà Roger Federer. La personalità, dunque, non gli manca. A far storcere il naso è la sua crescente "settorializzazione" soprattutto sulla terra battuta, con qualche lampo sul cemento. Nei tornei sull'erba la statistica delle vittorie è ferma a uno: il 250 di Stoccarda nel 2016. Troppo poco per un tennista che ha tutte le carte in regola per completare il suo processo di maturazione psico-fisica. Anche perché la clessidra dell'età scorre inesorabile.
Nessuna giustificazione, invece, per Zverev. Ormai non c'è Slam in cui il tedesco non delude le aspettative. La prematura eliminazione a Wimbledon quest'anno fa pendant con l'ottavo di finale perso contro Milos Raonic agli Australian Open e il quarto di finale perso contro Djokovic al Roland Garros. Un bottino oltremodo deludente per un ragazzo che in carriera ha già vinto le ATP Finals contro Djokovic e tre Master 1000: Roma 2017 contro Djokovic, Montreal 2017 contro Federer e Madrid 2018 contro Thiem. A irritare addetti ai lavori e tifosi è la svogliatezza con cui Sascha si presenta in campo nei match alla meglio di cinque. Nei momenti cruciali di un incontro Slam sembra quasi non riuscire o non volere correre da una parte all'altra del campo, si lascia andare a errori gratuiti e crisi di nervi, sembra quasi pretendere l'errore dell'avversario. Gli manca la maturità mentale, quella che gli permetterebbe quantomeno di provare a ribaltare una partita indirizzata male. Invece, nel momento in cui Zverev perde un set durante un match alla meglio di cinque, esce automaticamente dalla partita, subendo umilianti 6-1 o 6-2 sia contro i top player (Djokovic ai quarti del Roland Garros quest'anno e Thiem sempre a Parigi nello stesso turno nel 2018) che contro avversari contro cui Sascha non dovrebbe più provare timore reverenziale. Pur se verso i ventitré anni, il tedesco non solo non ha mai raggiunto una semifinale Slam, ma non sembra neanche vicino ad arrivarci. È l'unico Next Gen di peso a non aver ancora centrato questo obiettivo. Ma se non dovesse ritrovare il suo gioco di colpi che pizzicano la riga, l'astinenza potrebbe durare ancora a lungo.
Il flop di Tsitsipas ha completato il nefasto quadro Next Gen che si è dipinto sul tabellone di Wimbledon dopo il primo turno. Il ventenne greco è stato estromesso dal torneo al termine di una maratona di cinque set contro il trentenne italiano Thomas Fabbiano, uno a cui, l'anno precedente, aveva concesso soltanto sette giochi. È vero, Tsitsipas è ancora molto giovane e può già vantare una semifinale Slam in stagione, precisamente agli Australian Open nel corso dei quali si è permesso di estromettere agli ottavi di finale il suo idolo di infanzia Roger Federer. Al momento, però, il suo palmares conta soltanto tre titoli ATP - tutti 250 - e ben quattro finali - due 500 e due Master 1000 - perse in due set. Per il resto, il suo 2019 è stato costellato di lamentele, sbruffonate a mezzo stampa e psicodrammi, come quando ha definito Felix Auger Aliassime: «l'avversario più difficile che abbia mai affrontato». Con buona pace di Federer, Nadal e Djokovic. Se il greco dovesse continuare a concentrarsi più sulle polemiche che su come migliorare il suo pur aggressivo e spettacolare stile di gioco, il rischio di perdersi per strada diventerebbe particolarmente concreto.
Se di Next Gen si deve parlare, in realtà bisognerebbe citare i due talentuosi ma acerbi canadesi, Denis Shapovalov (20) e, appunto, l'Auger Aliassime (18) di cui sopra. Peccato che anche loro abbiano deluso le aspettative a Wimbledon: il primo è uscito all'esordio per mano del lituano Ricardas Berankis, il secondo è stato eliminato al terzo turno dal francese Ugo Hembert. Sono giovani, avranno tempo per vincere - si dice. Ma Federer sconfisse Pete Sampras a 19 anni e vinse il suo primo Wimbledon a 21. Nadal conquistò il suo primo Roland Garros a 19. Chissà se fenomeni così ne nasceranno ancora.
Michela Curcio
[9.7.2019 - 08:03]
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