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a cura della Scuola di giornalismo Suor Orsola Benincasa
in convenzione con l'Ordine Nazionale dei Giornalisti

 
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Wimbledon /3

I big italiani in campo
Berrettini il saggio, Fognini l'immatu


Sarebbe ingiusto e tipicamente italiano continuare a parlare del bad boy ultratrentenne Fabio Fognini, quando gli ultimi quattro mesi di tennis giocato hanno visto la nascita di una nuova stella: il ventitreenne Matteo Berrettini. E, alle porte della seconda settimana di Wimbledon, è più che evidente chi è che ha portato in alto il Tricolore nella grigia - e stranamente poco piovosa - Inghilterra.

Nel terzo turno vinto al quinto set contro Diego Schwartzman, Berrettini ha completato un capolavoro di testa, cuore, nervi e talento. Nonostante il tignoso argentino sia considerato un "terraiolo" e non un "erbivoro", Matteo si è trovato in difficoltà per buona parte dell'incontro.

Dopo un primo set in cui era riuscito a breakkare il suo avversario sul 5-5, l'italiano non solo si è visto riacchiappato e portato al tiebreak, ma ha anche perso il parziale, pagando un unico minibreak. La reazione? Nessuna racchetta spaccata, nessun insulto al giudice di sedia, ma, semplicemente, un commento mormorato a metà tra l'autocritica e la comprensibile frustrazione: «Non so come fargli il punto». Non era colpa del suo avversario, era lui a dover trovare le contromisure per rimanere attaccato al treno per gli ottavi di finale del "torneo dei sogni".

Nel secondo set, il copione sembrava non fosse cambiato. Nessuna possibilità di breakkare l'avversario, nessun quindici vinto in scioltezza per qualche errore gratuito dell'argentino. Fino al 5-4. Due palle del set per Berrettini, due risposte senza paura di Schwartzman. L'italiano recrimina, se la prende con se stesso, ma è un attimo. Si va di nuovo al tiebreak e questa volta a vincere è il romano che domina la frazione. Partita svoltata? Macché. Passa il terzo set e Matteo è di nuovo sotto nel punteggio. Stavolta senza più margine di errore. Nel quarto parziale, sul 5-4 Schwartzman ha un match point. Berrettini lo annulla con un dritto inside out di coraggio misto a incoscienza e le coronarie dei tifosi nostrani non ringraziano per lo spavento. E ancora, sul 6-5 l'argentino ha ancora due punti della partita e l'italiano li vanifica entrambi, il secondo dei quali con un serve and volley di federiana memoria. Quanti insulti a mezzo social si sarebbe beccato se questa sua follia non avesse pagato? Per fortuna non si saprà mai, perché il romano vince il terzo tiebreak della partita e, approfittando di un inevitabile calo di nervi del suo avversario, va a prendersi il match vincendo 6-3 il decisivo quinto set, ma salvando, nel frattempo, due palle del controbreak sul 4-2, a riprova di come questo incontro sia stato tutto fuorché scontato.

Per regalarsi un ottavo da favola con sua Maestà Roger Federer, Berrettini ha dovuto faticare quattro ore e diciotto minuti, ma per i tifosi italiani la buona notizia è che non si vince una partita così intensa soltanto per caso. Solo chi ha consapevolezza dei propri mezzi senza essere arrogante può rimanere sempre dentro un match così pesante a livello psico-fisico. Il romano ha una mentalità da top player e mezzi tecnici che lasciano ben sperare per i prossimi anni. Ha un servizio che viaggia oltre i 230 km orari, ha un dritto fulminante ed è anche bravo nel gioco a rete. Al momento, non sarebbe scandaloso annoverarlo nell'elenco dei Next Gen. Vero che contro Federer nessuno parte favorito, però, se dovesse riuscire a giocare senza paura, sarebbe un ostacolo non da poco sulla strada per il nono Wimbledon dell'elvetico. Alla supersfida Matteo arriva con un pedigree erbivoro in stagione di tutto rispetto: vincitore a Stoccarda contro il Next Gen canadese Felix Auger Aliassime e semifinalista ad Halle, battuto soltanto da un David Goffin in stato di grazia. A Roger poteva andare molto meglio per il suo ottavo di finale.

Chi, al contrario, dovrebbe prendere un DVD, masterizzarci sopra la partita di Berrettini e riguardarla un paio di volte è il suo connazionale Fabio Fognini. È vero, la vittoria del Master 1000 di Montecarlo ha placato le critiche "tanto talento, poca testa" che per anni l'italiano si è sentito rivolgere da addetti ai lavori e tifosi. È innegabile, però, che quella maturazione sull'erba richiesta a un tennista che è anche entrato in Top 10 non è ancora avvenuta. Gli ottavi a Wimbledon restano un tabù e quest'anno sarebbero stati più che mai raggiungibili. Tennys Sandgren, numero 94 nel ranking, era un avversario più che battibile, eppure l'americano non ha faticato neanche tanto per estromettere Fabio dal "torneo dei sogni". Tra tutti i rimpianti pesano quei tre set point sprecati al servizio nel tiebreak del secondo parziale, rispettivamente sul 7-6, sul 9-8 e sull'11-10. Mancarne uno è caso, mancarne due è preoccupante, mancarne tre è indice di una testa che trema di fronte all'obiettivo. E dire che nei precedenti turni, con l'americano Frances Tiafoe e con l'insidioso ungherese Martin Fucsovics, il lato da Mr. Hyde di Fognini sembrava essere stato definitivamente messo a tacere. Due battaglie entrambe terminate al quinto set ed entrambe a favore dell'italiano. Un primo turno nel quale Fabio conduceva due set e un break a uno, prima di essere riacciuffato 6-4 nel quarto ed essere costretto a sistemare il pasticcio con un break immediato nel primo gioco del quinto set. Un secondo turno dalla situazione quasi analoga, con un vantaggio al terzo set dilapidato nel quarto parziale, per colpa di un assurdo calo di tensione che ha permesso a Fucsovics di chiudere addirittura 6-2, prima che l'ungherese dovesse abbandonare i sogni di gloria, subendo un netto 6-3 al quinto set. È un peccato che due indizi non bastino a formare una prova. Il terzo test si è rivelato fatale per il tennista di Arma di Taggia che, ancora una volta, rimanda la maturazione sul campo all'anno del poi. Soltanto che l'età avanza. Sarà pur vero che il tennis sta diventando uno sport "vecchio" per le straordinarie performance di Federer, Nadal e Djokovic, ma per un pur talentuoso Fabio Fognini, trentadue anni potrebbero cominciare a pesare in modo non indifferente sul campo.

Michela Curcio

[8.7.2019 - 12:18]



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