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a cura della Scuola di giornalismo Suor Orsola Benincasa
in convenzione con l'Ordine Nazionale dei Giornalisti

 
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Calcio

10 cose che abbiamo imparato
dalla 4a giornata di Champions League


Si è conclusa anche la quarta giornata, prima di ritorno, della Champions League 2019/2020, la due giorni europea ci ha dato, come al solito, molte indicazioni su come potrà proseguire la competizione, ecco allora le #10cose che abbiamo imparato in questo turno.

1. A Star is Born

Nella pellicola vincitrice di un Oscar nel 2018, la stella era quella di Ally (Lady GaGa) mentre il suo agente, Jackson Maine (Bradley Cooper), dopotutto, non se la passava benissimo. Il parallelismo, per chi ancora non lo avesse capito riguarda un ragazzetto del 2001, Paolista, che risponde al nome di Rodrygo Silva de Goes, e il suo, ben più famoso allenatore, Zinedine Zidane. Ieri sera, il minuto attaccante esterno del Real Madrid ha realizzato la sua prima tripletta in Champions alla tenera età di 18 anni, solo un certo Cristiano ha fatto meglio di lui. Il Real Madrid non può vincere l'Oscar, ma siamo certi che sentiremo ancora parlare di Rodrygol, uno che qualche trofeo, di certo, se lo metterà in bacheca.

2. Le grandi fanno fatica

Lo sappiamo, il periodo pre-natalizio, corrisponde con cadenza scientifica a quello di calo fisico dei top club. C'è chi ne soffre di più, chi ne soffre di meno, se tra le grandi è solo il Bayern a sembrare un rullo compressore, Barcellona, Liverpool, PSG e Juventus, si barcamenano in grandi difficoltà. La tempra della grande squadra, è vero, consente di strappare in ogni caso i 3 punti, specie con le piccole ma affamate squadre dei campionati minori, ma a questo punto della stagione chi non c'è con le gambe DEVE esserci con la testa. Il rischio è la relegazione in Europa League, o peggio, tornare a casa a Natale a mani vuote.

3. Il caos Napoli potrebbe decidere l'intera stagione già a novembre

Quello che sta succedendo tra Napoli e Castel Volturno sembra un unicum nella storia di questo sport. C'è chi parla di ammutinamento, chi prona gli atti sovversivi dei giocatori azzurri e chi incolpa la poca partigianeria di Ancelotti, dall'una o dall'altra parte. La verità, forse, non la sapremo mai. L'unica cosa certa è che se ADL, Re Carlo o i senatori dello spogliatoio non troveranno la quadra ad una pessima situazione, il Napoli potrebbe uscire dai giochi in campionato e in Champions League ben prima di quanto ci saremmo mai aspettati. La rosa non è così profonda e Carlo non è riuscito ancora a dare il suo imprinting, ma il tempo stringe e noi vogliamo ancora divertirci con gli azzurri.

4. Un poeta chiamato Douglas

Se Eduardo Galeano, mitico romanziere calcistico uruguagio, fosse stato ancora tra noi, avrebbe sicuramente dedicato un capitolo dei suoi libri a Douglas Costa. L'esterno d'attacco della Juventus ha tolto, ieri sera, le castagne dal fuoco a Mister Sarri inventandosi un buzzer beater da urlo. Ne salta uno, due, tre, scambia con Higuain che, travolto dall'estetismo del compagno, gli chiude di tacco un triangolo. E allora DC ne salta altri due in serpentina e, come un giocatore di futsal chiude game, set e match con una puntina infingarda che passa sotto le gambe del portiere russo. Poesia.

Ecco, il primo passo di Splendori e miserie del gioco del calcio, del succitato Galeano, sembra fatto apposta per lui: "Per fortuna appare ancora sui campi di gioco, sia pure molto di rado, qualche sfacciato con la faccia sporca che esce dallo spartito e commette lo sproposito di mettere a sedere tutta la squadra avversaria, l'arbitro e il pubblico delle tribune, per il puro piacere del corpo che si lancia contro l'avventura proibita della libertà".

5. Antonio Conte, croce e delizia

L'Inter ha scoperto Antonio. L'uomo per cui i giocatori si farebbero accoltellare, per cui macinano chilometri in partita e per cui si sfiancano in allenamento, ma anche l'uomo che non si fa passare la mosca sotto al naso. L'atteggiamento Conte è questo, o si odia o si ama. Antonio da Lecce è quello che 'o si fa come dico io o non si fa', è uno schiacciasassi nelle competizioni lunghe, ancora inesperto in quelle brevi a scontri diretti, ma è una garanzia assoluta. Antonio da Lecce ha vinto a Bari, a Torino, a Londra, probabilmente, se non andrà via sbattendo la porta come troppo spesso ha fatto, vincerà anche a Milano. Gli avversari lo odiano e i tifosi lo idolatrano, è uno che spacca l'opinione ma lui è così, ci piace così e non vogliamo che cambi, magari vogliamo che migliori (e lo farà, ha l'anagrafe dalla sua).

6. Son, il campione gentile che viene da lontano

Domenica scorsa a Goodison Park, arena interna della Liverpool blu, arrivavano i vice-campioni d'Europa del Tottenham. Un incontro proibitivo per i toffees dell'Everton. Una partita dura che prende la piega sbagliata. Gli Spurs vanno avanti con il gol di Alli al 63esimo e 15 minuti dopo avviene uno di quegli incidenti che nessuno vorrebbe mai vedere. Il portoghese Andre Gomes parte in progressione sulla destra e arrivato all'altezza del centrocampo, Heung-Min Son, il piccolo asso coreano dei londinesi, avventatosi alle sue spalle, lo spinge per uno di quei falli innocui che servono solo a impedire la ripartenza e rimediare un giallo. Il problema è che lo sventurato Gomes va a finire addosso ad Aurier, terzino del Tottenham, che purtroppo non ha la smaterializzazione tra le sue doti. Il frontale è drammatico, Gomes cade addosso al francese e con un movimento innaturale si trova con la gamba bloccata tra l'avversario e il terreno. La tibia si spezza in due e l'inquadratura indugia sullo scarpino girato a 90°. L'orrore, diceva Kurtz alla fine di Cuore di Tenebra, l'orrore.

La colpa di Son è dolosa ma il gentile campione coreano, resosi conto del dramma, scoppia in lacrime e a Goodison Park si assiste ad una scena tragicomica: il povero Gomes a terra urlante e i calciatori che si stringono attorno a Son per consolarlo.

Ieri sera a Belgrado, il piccolo Heung-Min ha segnato una doppietta nel 4 a 0 degli Spurs contro la Stella Rossa e, alla prima esultanza, ha cercato la prima telecamera libera per andare, ancora una volta, a chiedere scusa a Gomes in mondovisione. Un piccolo gesto che denota la grande statura morale di un ragazzo silenzioso, che ha rischiato la naja coreana che avrebbe messo fine alla sua carriera ma che non si è mai lamentato. Uno che, da centrocampista, ha fatto 5 gol in 4 partite in Champions League.

7. Finalmente la Dea

Se c'è un Dio del pallone ha uno strano senso dell'umorismo. Il primo, storico, punto dell'Atalanta in Champions arriva nella partita più insospettabile. Dopo aver racimolato zero punti in 3 partite contro le più modeste Dinamo Zagabria e Shakhtar Donetsk, e dopo l'1-6 incassato con disonore a Manchester, la Dea pareggia e convince gli scettici a San Siro (la sua casa in affitto per le serate di gala europee) contro i campioni di Pep Guardiola. Orfani, ma ancora per poco, di Duvan Zapata, i ragazzi terribili di mister Gasp hanno fatto vedere all'Europa di che pasta sono fatti, e se è ancora vero che vanno a due marce, forti in campionato e piano in Champions, paradossalmente possono ancora sperare in una qualificazione. Certo, devono vincere le prossime due partite e sperare che altrettanto faccia il City ma, in fondo, è così impossibile?

8. Il VAR è davvero cosa buona e giusta?

Sempre la Scala del calcio è stata protagonista di un episodio molto particolare. Minuto 80, Josip Ilicic cavalca verso la porta del City con la sua falcata caratteristica, Claudio Bravo, secondo portiere dei citizens, subentrato nel secondo tempo al titolare Ederson acciaccato, si lancia in una uscita disperata. Entra in scivolata almeno dieci metri fuori dalla sua area di rigore e alza le gambe. Lo sloveno lo salta agile con grande facilità ma, nella sua testa, il tempo si ferma. Chissà cosa avrà pensato. La palla era un pelo lunga sul dribbling, era tallonato da due difensori, ma probabilmente ci sarebbe arrivato. Cosa fare? Rischiare? No, è troppo importante portarla a casa e un rosso all'80esimo, per giunta del portiere, con una squadra che non ha altri giocatori in panchina in quel ruolo può decisamente far virare la partita. Josip allora decide di rallentare il suo balzo felino e di lasciare la gamba destra un po' indietro. Il tempo ricomincia a scorrere. Claudio Bravo lo manca in maniera clamorosa, ma con il ginocchio e poi con la testa sfiora la caviglia di Ilicic che crolla per terra. Rosso diretto ineccepibile, se non fosse che la malizia dello sloveno è lapalissiana. Il Var non richiama l'arbitro che commina il rosso a Bravo che torna anzitempo nel tunnel. Il povero Kyle Walker, di mestiere terzino destro, finisce tra i pali ma grazie alla furbizia dei suoi compagni non sarà mai impegnato.

La domanda, però, come diceva Michele Lubrano, sorge spontanea, questo VAR, cosa ce l'abbiamo a fare?

9. Non è finita finché non è finita

Negli spogliatoi di tante squadre, nostrane e non, prima del prossimo turno di Champions, andrebbero proiettati gli ultimi 15 minuti di Dinamo Zagabria - Shakhtar Donetsk. Minuto 89, la Dinamo segna il 3 a 1 con Ademi che insacca il più facile dei tap-in a porta vuota dopo una papera del portiere, la partita sembra più che chiusa, manca 1 minuto più recupero ma, anche se questo sarà corposo, ormai i 3 punti sono in cassaforte. E invece no. Minuto 93, con la forza della disperazione gli Ucraini si gettano in avanti. Kovalenko scodella una palla velleitaria in area senza guardare e questa, guidata dalla provvidenza, finisce sulla zucca di Junior Moraes che la mette dentro. 4 dei 6 minuti di recupero sono passati. Il Maksimir di Zagabria ammutolisce avvertendo il presagio di sventura. Minuto 96, l'arbitro ha il fischietto in bocca, 9 giocatori dello Shakhtar, portiere compreso sono nell'area croata. Marcos Antonio imbecca Tyson con un filtrante sul lato corto dell'area e il brasiliano viene chiuso goffamente dal terzino croato. Il portiere ucraino, intanto, termina la sua scorribanda nell'area avversaria per terra con le mani in volto. Chiuso da due difensori si è beccato una gomitata sul naso, non c'è dubbio, per un fallo o per l'altro, è calcio di rigore. Tetè non sbaglia e la partita finisce clamorosamente 3 a 3.

10. Deutchland uber alles

Arrivano sempre in punta di piedi, ma se i vocabolari illustrati fossero sinceri, sotto il lemma "tignoso" (nel senso buono del termine), ci sarebbe la faccia di un calciatore di Bundesliga. Le squadre tedesche vendono cara la pelle, e per la prima volta in questa Champions fanno bottino pieno. Il Borussia Dortmund la ribalta contro l'Inter, il Bayern fa, come al solito, polpette degli avversari, il Bayer Leverkusen contro ogni pronostico batte in casa l'Atletico Madrid e perfino la RedBull Lipsia, su cui andrebbe aperto un capitolo a parte, vince a San Pietroburgo contro lo Zenit. Di queste, siamo pronti a scommetterci, almeno 2 andranno in fondo alla competizione, probabilmente le solite, ma non potremmo davvero essere più felici del fatto che il Ranking Uefa per nazioni non abbia più valenza sul numero di squadre qualificate in Europa, altrimenti saremmo oramai scivolati quarti.

Francesco Gucci

[7.11.2019 - 22:28]



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