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Sport e stampa

"Black Friday", polemica sul CorSport
Ma è davvero un titolo razzista?

La prima pagina del Corriere dello Sport incriminata


Una foto di Romelu Lukaku, il nuovo numero 9 belga dell'Inter che ha già messo a segno 10 gol e Chris Smalling, difensore inglese della Roma che sta sfoderando prestazioni importanti. Al centro il calembour "Black Friday".

Inter-Roma, big match della giornata, si giocherà domani, di venerdì, e allora il gioco è fatto. "Cosa passava per la testa di Ivan Zazzaroni (direttore del CdS, ndr) quando ha pensato che questo fosse un buon titolo?", "Ma non si vergogna?". Questo è il tenore dei commenti apparsi in Rete in mattinata.

La risposta di Zazzaroni non si è fatta attendere: sul sito del giornale è comparso nel primo pomeriggio il messaggio risentito del direttore: "Quelli delle piattaforme digitali, pattumiere, sono rancori nobili. Sdegno a buon mercato. Negare la differenza è il tipico macroscopico inciampo del razzismo degli antirazzismi". Un attacco diretto e molto duro per i detrattori della scelta editoriale, ma, al netto dell'indignazione, la domanda che balza alla mente dopo questo episodio è: quando si supera il sottile confine che ci separa dal razzismo?

"È indiscutibile - afferma Hilarry Sedu, primo avvocato di colore del Consiglio dell'Ordine di Napoli, ex-calciatore e forte sostenitore dello Ius Culturae - che il CorSport abbia avuto, quantomeno, un tempismo imperfetto. In un momento in cui il razzismo è un argomento così caldo nel mondo del calcio, con la lettera aperta delle squadre di Serie A della scorsa settimana, e considerando quanti investimenti FIFA e UEFA stanno stanziando a questo proposito, un giornale come il Corriere dello Sport avrebbe dovuto evitare, quanto più possibile, di scivolare nell'ambiguità".

Per Pietro Varriale, direttore sportivo di Afro-Napoli United, club giovanile simbolo dell'antirazzismo e dell'integrazione, l'Italia vive l'epoca più cupa, da questo punto di vista, dal secondo dopoguerra: "L'Italia, purtroppo, è un Paese razzista, siamo tornati indietro di molti anni, la discriminazione verso etnie e territori è onnipresente, purtroppo non sono meravigliato".

Qual è allora il limite da non superare mai?

Non è possibile, probabilmente, stabilire una ricetta univoca che permetta di rimanere nell'ironia senza scivolare nella discriminazione. "La regola aurea, almeno per il giornalismo, dovrebbe essere - secondo l'avvocato Sedu - quella di attenersi a riportare i fatti, ossia il cuore del mestiere, e lasciare i riferimenti di natura etnica al di fuori delle pagine dei giornali". Sta di fatto che lo sport, ahinoi, è ancora infettato da comportamenti razzisti. Solo un paio di settimane fa, Mario Balotelli, calciatore di colore del Brescia, aveva subito a Verona una pioggia di "bu" aprendo, ancora una volta, il vaso di Pandora. Purtroppo il nostro movimento sportivo non ha ancora trovato il modo di estirpare questi comportamenti dagli stadi. "Gli appelli degli speaker e le sospensioni degli arbitri - insiste Varriale - non servono a nulla. Le società sono conniventi, sanno benissimo che certi gruppi ultras hanno certe idee. Bisogna assolutamente inasprire le pene".

Anche Hillary Sedu è per l'inasprimento delle pene ma punta sulle società che hanno l'obbligo morale prendere le distanze: "Certi comportamenti vanno repressi. È necessario aggravare le sanzioni di chi si rende colpevole di questi atteggiamenti spregevoli. Le società sportive - continua - devono dotarsi della tecnologia necessaria per identificare i singoli in modo da trasformare la loro responsabilità oggettiva, che porta 'solo' a multe e chiusure delle curve, in responsabilità soggettiva dei singoli. Non c'è posto nei nostri stadi per i razzisti".

Francesco Gucci

[5.12.2019 - 17:35]



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