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Il caso

S.M. Capua Vetere: violenze in carcere?
I detenuti denunciano, il DAP smentisce

Filo spinato (foto tratta da Pexels)


Secondo il racconto dei detenuti della Casa Circondariale "Francesco Uccella" di Santa Maria Capua Vetere, sarebbe stato un vero e proprio raid punitivo violento quello che avrebbero subito il 6 aprile scorso dopo le proteste seguite alla notizia del primo contagio da Covid19 all'interno del carcere. Secondo il DAP, invece, non c'è stato alcun pestaggio, né tantomeno violenze di altro tipo. Una brutta pagina di cronaca all'interno di quella più ampia del Coronavirus arriva dall'istituto penitenziario del Casertano. Toccherà al procuratore Maria Antonietta Troncone fare chiarezza su quella che è stata definita la "mattanza della Settimana Santa". Al vaglio della Procura di Santa Maria Capua Vetere, che ha aperto un'inchiesta, le diverse segnalazioni dei familiari di alcuni detenuti del carcere casertano e dell'Associazione Antigone per i diritti e le garanzie nel sistema penale, oltre che la relazione del Garante Regionale per i detenuti, Samuele Ciambriello.

I FATTI NOTI

L'accertamento, il 5 aprile scorso, della presenza di un detenuto in isolamento con febbre alta e risultato positivo al Coronavirus (attualmente si contano 4 casi accertati) e di altri detenuti con febbre alta manda in allarme tutto l'istituto penitenziario. Ad aggiungere preoccupazione il fatto che si tratti di uno "spesino", un detenuto addetto alla distribuzione della spesa entrato quindi in contatto con numerosi altri reclusi. L'agitazione entra nel vivo con la battitura delle sbarre da parte di oltre un centinaio di detenuti e la richiesta della distribuzione di igienizzanti, maschere e guanti. Una protesta che, raccontano le parti coinvolte, è stata pacifica ed è terminata in serata con la promessa di un colloquio con il Magistrato di Sorveglianza che avverrà il giorno successivo.

LE DUE VERSIONI

Da qui in poi, dopo l'incontro con il magistrato concluso dopo le 15, la storia cambia a seconda della versione delle parti coinvolte. Secondo detenuti e familiari, numerosi operatori della sicurezza carceraria in tenuta antisommossa che non opererebbero però nel penitenziario sammaritano «con caschi e scudi facevano irruzione nelle celle compiendo intimidazioni e violenze fisiche» nel padiglione Nilo, cominciando in gruppi di sette i pestaggi all'interno delle celle per poi continuare nei corridoi fino al passeggio. Il racconto diventa particolarmente raccapricciante: alcuni detenuti sarebbero stati spogliati, obbligati a fare flessioni e pestati violentemente con pugni, manganellate e calci su tutto il corpo al grido di «Siete munnezza, fate schifo, noi siamo lo Stato e qui comandiamo noi!». Ad altri, invece, sarebbero stati tagliati barba e capelli. Violenze che, stando a quanto riferiscono le famiglie dei detenuti, non si sarebbero limitate a quel pomeriggio. Violenza generalizzata e cieca, tra i pestati anche detenuti non avrebbero preso parte in alcun modo alle agitazioni e in uscita dopo pochi giorni.

Ci sono i familiari, poi, che denunciano oltre ai racconti anche l'impossibilità nei giorni successivi di mettersi in contatto con i detenuti. Le videochiamate Skype sono state sostituite con telefonate che impedivano quindi la possibilità di vederne le condizioni fisiche. «Abbassate i manganelli. Non ce li sta uccidendo il Covid-19, ci state pensando voi!», hanno urlato durante una manifestazione organizzata all'esterno del carcere nei giorni immediatamente successivi chiedendo garanzie per l'incolumità dei propri cari. I partecipanti sono stati sanzionati per aver violato le prescrizioni anti-Covid e denunciati per manifestazione non autorizzata. In Rete però continuano a diffondersi audio e foto denuncia dei pestaggi tra cui la testimonianza di un detenuto ora agli arresti domiciliari che mostra la schiena piena di lividi e contusioni. «Non è più galera. Non sei più un detenuto ma un prigioniero. Sei passato da detenuto a prigioniero, e c'è una bella differenza», racconta un detenuto alla moglie in una telefonata confermando che le violenze continuano e che due o tre reclusi si troverebbero ora in coma in ospedale a causa delle percosse ricevute.

Le denunce sono state raccolte dall'Associazione Antigone che, però, si è riservata di non esprimersi ora e di attendere i riscontri delle indagini in corso, chiedendo di far riferimento, per quanto riguarda la loro posizione, a quanto già ufficialmente dichiarato su altri media.

IL DAP: "NESSUN PESTAGGIO O REPRESSIONE VIOLENTA"

Le accuse sono gravissime, ripetute e insistenti. Accuse che sarebbero infondate però secondo il DAP. La smentita categorica da parte del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia arriva attraverso "Le Iene". "Per avere qualche informazione in più su quanto accaduto - spiegano i colleghi del format tv - ci siamo rivolti all'ufficio stampa del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria: 'Una delegazione di tre donne è stata ricevuta nel carcere e rassicurata sullo stato di salute dei propri congiunti', ci hanno detto. E poi hanno smentito categoricamente l'ipotesi di una repressione violenta dei detenuti: 'Gli agenti della polizia penitenziaria non sono armati e in caso di agitazione dei detenuti l'ordine è quello di contenere, questo non prevede mai in alcun caso la violenza'".

Il DAP nega quindi qualsiasi pestaggio o repressione violenta da parte degli agenti all'interno della struttura penitenziaria.

BOMBA A OROLOGERIA

Il carcere di Santa Maria Capua Vetere, con circa mille detenuti - duecento in più rispetto alla pianta organica -, è uno dei più sovraffollati della Campania insieme a quelli di Secondigliano e Poggioreale. Sovraffollamento che mal si coniuga con le misure di distanziamento sociale necessarie per evitare il rischio di contagio. «Le carceri possono diventare delle bombe epidemiche, questo è un rischio concreto», dichiara all'agenzia Dire, il presidente di Antigone Campania, Luigi Romano. «La Campania è la seconda regione d'Italia per numero di carceri ed è la seconda per sovraffollamento dopo la Lombardia. Parliamo di 7374 detenuti in totale, 1300 unità in più della capienza regolamentare».

Valentina Ersilia Matrascia

[17.4.2020 - 18:28]



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