Monica Scozzafava
"Il calcio? Io abolirei il fuorigioco"
"Per raccontare il calcio non necessariamente bisogna aver giocato a pallone, dice Monica Scozzafava, capo della redazione sportiva del Corriere del Mezzogiorno, nel corso di un incontro con i praticanti di "Inchiostro". La sua carriera giornalistica ne è la prova. Dopo una gavetta lunga dieci anni trascorsa a raccontare crimini di strada, ha fatto del rettangolo verde la sua dimora abitativa.
Dalla cronaca nera a quella sportiva: è stato come ricominciare da zero?
"No, perché il giornalismo è unico. Però ho dovuto studiare regole e biografie, perché devi capire di cosa scrivi. Non ero neanche giovane quando ho deciso di cambiare settore, ma l'ho fatto con entusiasmo. Ancora oggi guardo tutte le partite perché c'è sempre bisogno di aggiornarsi e se lo facessero tutti, non è solo un limite delle donne, si farebbe una informazione migliore".
Come ha iniziato a studiare?
"Oltre a leggere molti libri, ho avuto la fortuna di andare a scuola personale da Walter Mazzarri, l'allenatore, durante la mia esperienza nel Napoli. All'inizio non mi vedeva bene poi a un certo punto mi disse: "Se lei deve comunicare il mio calcio, lei deve capirlo". E quindi quasi dopo ogni allenamento mi convocava nel suo studio e con la lavagna mi spiegava le sue tattiche. Lui era dedito a usare penna e lavagna. È facile parlare di lungolinea, ma bisogna anche saperlo spiegare".
A proposito, essere responsabile della comunicazione della SSC Napoli, quanto ha inciso nella sua formazione?
"Una esperienza pazzesca che ha allargato i miei orizzonti. Anche se mi è costato molto vivere in prima persona l'atmosfera di una Champions League e non poterla raccontare. Avere vissuto quotidianamente il calcio da vicino, come probabilmente nessuno dei miei colleghi ha fatto, è stato senza dubbio un valore aggiunto, e questo oggi mi viene anche riconosciuto".
C'è una certa benevolenza da parte della stampa napoletana nei confronti di una società che non ha costruito strutture all'avanguardia salvo qualche rara eccezione?
"C'è una particolare benevolenza, questo sicuramente. Credo perché viviamo in una città dove i problemi sono sotto gli occhi di tutti, dove l'arroganza di alcune istituzioni non facilita le relazioni e le realizzazioni. Ecco perché siamo portati a "premiare" la forza imprenditoriale di un presidente che ha costruito una realtà consolidata in Italia e in Europa dopo il fallimento chiudendo gli occhi sulle innegabili lacune e promesse disattese, come la creazione della "Cantera", da parte della società".
Come ci si afferma nel giornalismo sportivo?
"Raccontandolo bene. Io sono sempre stata abituata a raccontare quello che accadeva intorno a me quando ho fatto la cronaca di Napoli. Mi piaceva andare sui posti, l'ho sempre fatto perché fare il giornalista significa raccontare ciò che vedi ma anche le sensazioni che provi o percepisci davanti a certi fatti. Anche un fisioterapista può darti un particolare in più. Un particolare che costa un po' di fatica però avercelo ti fa fare la differenza".
Come valuta la maggiore presenza di donne nel giornalismo sportivo?
"È vero che la presenza femminile è in costante crescita, ma principalmente perché il giornalismo sportivo è immagine, quindi è facile trovare donne in tv o in radio ma che in realtà sono conduttrici e non giornaliste".
Non crede quindi che ci sia una sorta di scetticismo verso le donne che si approcciano a un mondo apparentemente maschile?
"Probabilmente dieci anni fa, sì. Una donna doveva dimostrare e studiare di più, oggi non è così. Sono trattata in maniera paritetica dai miei colleghi e interlocutori uomini".
Quanto è importante conoscere la vita privata dei calciatori?
"Più cose sai meglio è. Al di là del gossip, è sempre importante perché si è nel lavoro ciò che si è nella vita. Apprezzo i calciatori come Mertens che rendono pubblica - ma con intelligenza, simpatia e misura - la loro vita attraverso i social, tra l'altro perché così ci danno la possibilità di conoscerli meglio. E se dobbiamo dargli un brutto voto in pagella ci pensi due volte, perché i simpatici meritano sempre un mezzo punto in più. È accaduto".
Il giocatore più bravo dopo Maradona?
"Ibrahimovic"
C'è una regola del calcio che riformerebbe?
"Abolire il fuorigioco. Senza, ci sarebbe più ritmo e dinamicità. Ma stiamo parlando di pura fantasia".
Il momento più bello e quello più brutto della sua carriera?
"Il più bello, senza dubbio, quando sono stata assunta al Corriere del Mezzogiorno perché, poi, da lì sono arrivate numerose esperienze. Il momento più brutto quando lavoravo per il Napoli e dopo un mese mi sentivo intrappolata. Credevo di aver fatto la scelta sbagliata, alla fine sono rimasta lì un anno ed è stata una esperienza straordinaria. Però, sono e morirò giornalista".
Un consiglio per i praticanti come noi?
"Non si scrive come si parla, ma provare a scrivere semplicemente quello che si pensa è l'arma migliore per un giornalista".
Dario Vito
[23.5.2021 - 11:09]
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