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Integra il reato di esercizio abusivo della professione il finto avvocato che fa colloqui in carcere

Con sentenza n. 6467 del 13 febbraio 2015, la Corte di Cassazione ha stabilito che integra il reato di esercizio abusivo della professione, ex art. 348 c.p., la condotta di chi si rechi in carcere, simulando il possesso di un inesistente titolo di avvocato, per avere un colloquio con un detenuto da cui si è avuta la nomina a difensore.
In particolare, la Cassazione ha spiegato che anche se i colloqui con un detenuto non costituiscono attività di prerogativa esclusiva dell'avvocato, il loro compimento tramite lo strumento professionale disciplinato dall'art. 104 c.p.p. crea la pubblica percezione dell'esercizio della professione. Percezione rafforzata dal fatto che, nel caso di specie, il soggetto aveva presentato una denuncia di smarrimento del tesserino per nascondere la mancanza del titolo.

n° 1212 - giovedì 9 aprile 2015
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tag Corte di Cassazione | Esercizio abusivo della professione forense | Detenuto | Reato



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