Cassazione: distinzione tra mobbing e comportamenti biasimevoli
Non è configurabile il mobbing in assenza della prova:
a) di molteplici comportamenti persecutori posti in essere, con intento
vessatorio, dal datore di lavoro (o dal superiore gerarchico) contro il
dipendente in maniera sistematica e protratti nel tempo;
b) dell'evento lesivo della salute o della personalità del dipendente;
c) del nesso eziologico tra condotta del datore e il pregiudizio all'integrità
psico-fisica del lavoratore;
d) dell'intento persecutorio (elemento soggettivo).
Questo quanto ribadito dalla Corte di Cassazione (sent. 12048/11) che ha
respinto la richiesta di risarcimento di una dipendente di un'agenzia di viaggi,
escludendo ogni intento persecutorio del datore di lavoro che aveva posto in
essere comportamenti sui quali, al più, poteva essere espresso un giudizio di
biasimo (lancio dello stipendio sul tavolo, consegna della retribuzione in un
sacco di monetine) ma che non integrano la fattispecie di mobbing e, quindi, di
responsabilità del datore ex art. 2087 c.c.
n° 351 - giovedì 2 giugno 2011
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