Le Sezioni Unite si pronunciano in tema di esercizio abusivo della professione forense
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sent. n. 22266/2012) hanno stabilito che, affinché si configuri esercizio abusivo della professione forense (art. 348 c.p.), è sufficiente che il soggetto non abilitato curi pratiche legali dei clienti o predisponga ricorsi, non essendo necessario che si tratti di atti compiuti davanti al giudice. Con tale pronuncia, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un avvocato che si era visto comminare dall'ordine di appartenenza la sanzione dell'avvertimento perché, all'interno del suo studio legale, aveva agevolato l'esercizio abusivo della professione consentendo al fratello, già cancellato dall'albo degli avvocati di altro ordine, di trattare con continuità pratiche legali. Tale illecito risulta contrario non solo ai principi deontologici, ma anche al principio di fiducia che caratterizza il rapporto tra professionista e cliente, al quale deve essere garantito che colui che, seppur si limiti a curare la pratica di studio, abbia l'abilitazione richiesta dalla legge.
n° 787 - giovedì 7 febbraio 2013
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tag Diritto civile | Professione forense | Avvocato | Esercizio abusivo della professione forense | Deontologia | Illecito disciplinare | Codice deontologico forense | Corte di Cassazione | Sezioni Unite
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