Il file sharing non prova la diffusione di materiale pedopornografico
Affinchè sussista il dolo del reato di cui all'art. 600 ter, 3° co., c.p. (pornografia minorile per via telematica) occorre che sia provato che il soggetto abbia avuto, non solo la volontà di procurarsi materiale pedopornografico, ma anche la specifica volontà di distribuirlo, divulgarlo, diffonderlo o pubblicizzarlo, desumibile da elementi specifici ed ulteriori rispetto al mero uso di un programma di file sharing. Questo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione (sent. 44065/11) che ha annullato la sentenza impugnata e ha rinviato alla Corte di Appello, riqualificando il reato contestato all'imputato come detenzione di materiale pornografico (ex art. 600 quater c.p.) e non come pornografia minorile per via telematica (ex art. 600 ter c.p.).
n° 506 - giovedì 1 dicembre 2011
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