Le prime notizie del complesso conventuale di Santa Caterina, attuale sede della Facoltà di Lettere dell'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, risalgono al 1613 quando in queste strutture trovano una prima sistemazione alcune religiose dell'ordine teresiano.
Tutta l'area che dalle strade di Toledo e Chiaia saliva verso la collina vomerese era detta "alle mortelle" per la presenza di molte piante di mirto anche se una più convincente spiegazione legherebbe il nome a quello della famiglia di origine spagnola Troyanis y Mortella. Ma, a prescindere dalle vere ragioni del nome, il luogo, proprio per le sue qualità ambientali, era stato precedentemente scelto dal viceré don Juan de Austria come sito dove costruire un ospedale intitolato "Santa Maria della Vittoria" in ricordo della sconfitta subita dall'armata turca contro la quale egli aveva combattuto nelle greche acque di Lepanto nel 1571. Nel XVII secolo il trasferimento delle strutture ospedaliere presso l'attuale piazza che prende il nome, appunto, della Vittoria, così come la chiesa, unico elemento conservato dell'antico ospedale, aveva reso liberi questi ambienti, acquistati poi dal frate domenicano Feliciano Zuppardi ed affidati ad alcune religiose teresiane. Nel XVII secolo, con il progetto dell'architetto napoletano Mario Gioffredo, fu ampliato il convento, che, con il successivo intervento dell'architetto Giovanni del Gaizo, raggiunse la sua massima espansione, documentata da un'inedita pianta dell'architetto Tommaso Scotti. In questa planimetria sono riportati il convento delle teresiane con la vicina chiesa ancora oggi esistente, uno attiguo occupato dalle monache della Solitaria nel quale oggi è sistemata la struttura universitaria, ed infine un ultimo corpo edilizio abitato da alcuni monaci.
Del distrutto convento delle teresiane oggi, purtroppo, l'unica testimonianza resta la chiesa che conserva la ristrutturazione gioffrediana. Davanti al convento esisteva uno "spiazzo" (come viene definito nella pianta) utile sia per vincere il dislivello stradale esistente, sia per disimpegnare gli ingressi alle quattro differenti strutture che svolgevano, evidentemente, funzioni diverse : la chiesa, il convento delle teresiane, quello delle monache della Solitaria e quello dei frati. Un'articolata impaginazione architettonica chiudeva questo luogo all'aperto salvaguardando così le religiose dagli sguardi delle case vicine. Una scala, con vari rampanti in parte ancora oggi conservati, collegava i due ampi giardini appartenenti alle religiose.
Non è possibile stabilire con esattezza in che cosa sia consistito l'intervento del Gioffredo, rispetto ai successivi interventi del già ricordato architetto del Gaizo oltre all'impegno dell'ingegnere del convento Pasquale Manzo, progettisti per i quali la documentazione di Archivio non chiarisce del tutto il lavoro svolto. Da una lettura architettonica siamo portati a credere che, oltre alla chiesa, tutto il complesso organizzato intorno ai tre portici, di cui quello affrescato corrisponde all'attuale ingresso alla struttura universitaria, sia opera dello stesso Mario Gioffredo il cui maggiore impegno fu, comunque, rivolto alla chiesa nella quale realizzerà un ambiente di grande suggestione spaziale ma, soprattutto, di notevole ricchezza decorativa. Nel 1766 le religiose realizzarono il completo ammodernamento delle loro strutture aggiungendo il pronao, organizzato con un ordine corinzio gigante e concluso con un piano attico in cui si aprono ampie finestre. Questo ambiente, sulla cui volta nel 1784 Vincenzo Diano affrescò la Glorificazione della Chiesa, immette nella chiesa che oggi, con pochi altri ambienti dell'ex convento, è sede dell'associazione musicale "Pietà dei Turchini". La tipologia della chiesa è determinata da un'aula unica con quattro altari addossati alle pareti e da un'abside semicircolare.
La realizzazione nel primo ventennio del XX secolo della nuova strada che collega la salita dei Gradoni di Chiaia con il corso Vittorio Emanuele ha comportato la distruzione di una parte consistente delle strutture religiose ed una radicale trasformazione del rapporto fra quelle conservate e la nuova situazione urbanistica. Il convento abitato dai religiosi e quello delle teresiane con il loro ampio giardino sono stati demoliti per consentire la costruzione della nuova tortuosa strada e di tre nuovi edifici la cui qualità architettonica recupera i modelli tipologici dell'architettura borghese che in quegli anni veniva realizzata a Napoli, in particolare nei nuovi quartieri in espansione. Una scala, infine, realizzata in continuità con l'atrio della chiesa, collega più rapidamente questa e l'attuale edificio universitario con la superiore piazzetta Cariati.
Attualmente, dunque, la struttura universitaria risulta alloggiata nei tre bracci che costituivano il convento occupato dalle monache della Solitaria. Nuove esigenze funzionali hanno richiesto alcune trasformazioni come l'ampliamento dei volumi edilizi sul quarto lato del cortile e la creazione di una nuova uscita da questo sulla strada. In conclusione, però, occorre notare che l'attuale sistemazione è riuscita a conservare le qualità, sia architettoniche che decorative, del primitivo organismo edilizio del quale sono stati anche restaurati gli affreschi esistenti, compresi quelli, opera di Vincenzo Diano, realizzati negli ambienti dell'attuale portineria.
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